Il declino della gelsibachicoltura per la produzione della seta e la coltivazione del gelso, si è intensificato principalmente negli anni cinquanta del Novecento in coincidenza con l’utilizzo delle più economiche fibre sintetiche e con la migrazione della forza lavoro agricola verso le industrie. Il rilancio e la riscoperta di questa antica arte, che è un’eccellenza italiana, prende avvio dal progetto europeo ARACNE (acronimo di Advocating the Role of Silk Art and Cultural Heritage at National and European Scale). L’obiettivo del progetto, che è il seguito dell’iniziativa progettuale veneta Serinnovation, è la valorizzazione del patrimonio storico-culturale della filiera della seta[1], con il coinvolgimento del mondo produttivo, dell’università e della ricerca, delle istituzioni, della scuola e della società civile.
Il progetto, che coinvolge partner istituzionali e privati in tutta Europa, è coordinato dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA) - Centro di Agricoltura e Ambiente, Laboratorio di Gelsibachicoltura di Padova. Il Laboratorio di Gelsibachicoltura è un punto di ricerca nazionale per la filiera e la ricerca del settore. Il CREA ha curato l’avvio dei progetti per la reintroduzione della seta, con un modello produttivo economicamente sostenibile e che tutela l’ambiente, avvalendosi anche dell’operato delle aziende del territorio.
Augusto e Marco Fabris, che conducono l’azienda agricola “Famiglia Fabris” di Baver Pianzano di Godega S. U. (TV), hanno aderito a questa iniziativa. Mi spiegano che la gelsibachicoltura, per una realtà agricola di piccola scala, può rappresentare una nuova opportunità ed una fonte integrativa di reddito diventando una parte dell’attività aziendale.
“In questa fase di avvio stiamo muovendo i primi passi; sicuramente in futuro l’obiettivo sarà quello di ampliare la produzione e conseguentemente aumentare il numero dei telaini.
Augusto Fabris prosegue raccontandomi che l’allevamento del baco da seta appartiene alla memoria famigliare. I bachi - che in dialetto veneto venivano chiamati “cavalier” - fanno parte delle radici della storia di molte famiglie contadine. L’allevamento dei bachi da seta per la produzione dei bozzoli, era infatti una attività molto diffusa e rappresentava una integrazione del reddito per le famiglie contadine. Il lavoro iniziava nel mese di maggio con l’acquisto della semente (le uova), misurata in once. L’allevamento dei bachi impegnava tutta la famiglia; agli uomini era riservato il compito di tagliare i rami di gelso per procurare le foglie che dovevano essere fresche, asciutte e pulite. I bachi, inizialmente accuditi nella cucina, considerato il luogo più caldo della casa, venivano successivamente trasferiti nel granaio per completare la crescita. Maggio era un mese importante per la produzione agricola, si iniziava con lo sfalcio dei prati e con le arature per la semina del granoturco. La vendita dei bozzoli da seta veniva considerata come il frutto del “primo raccolto dell’annata”.
Come ho potuto constatare direttamente, la gestione e la cura del baco da seta (Bombyx mori L.) è una attività impegnativa e laboriosa. Un insieme di pratiche manuali caratterizzate da una marcata stagionalità produttiva che si concentra solitamente nel periodo tardo primaverile. L’allevamento può essere effettuato su graticci o scaffalature (c.d. “metodo tradizionale”) oppure a terra, chiamato “metodo a pezzone”. Una variante è l’allevamento a pezzone sollevato da terra posto su scaffalature o pallets.
Il ciclo vitale del baco da seta attraversa quattro stadi: embrione, larva, pupa e adulto. Lo stadio larvale è caratterizzato dallo sviluppo del baco dalla I alla V età, periodo durante il quale cresce notevolmente. Ciascuna età è intervallata da una muta. Durante il periodo larvale l’insetto deve essere nutrito più volte al giorno con l’uso di grandi quantità di foglie fresche di gelso.[2] [3]
Dopo circa quattro settimane, terminata la V ed ultima età, le larve smettono di nutrirsi, cominciano a secernere bave di seta e iniziano a salire per trovare un posto idoneo nel quale costruire il bozzolo. Il processo viene chiamato salita al bosco o imboscamento. Oggi i “boschi”, o supporti di filatura, sono formati da raggere di plastica, che favoriscono la filatura del bozzolo. Un tempo queste strutture erano appositamente costruite dagli uomini con rami di carpino, rovere, olmo ecc.
A questo punto occorre attendere una decina di giorni prima di raccogliere i bozzoli, che vanno ripuliti dal filamento che il baco usa per ancorare il bozzolo al sostegno; l’operazione viene chiamata spellaiatura.
I bozzoli vengono successivamente consegnati ai centri di raccolta per essere inviati agli stabilimenti di produzione del filato.
L’Azienda Agricola Famiglia Fabris è una piccola realtà che si dedica alla produzione di vino, fieno, paglia, farine ed ortaggi, praticando un modello di agricoltura che conserva la fertilità del suolo e cura la biodiversità. L’Azienda è proprietaria del vigneto storico di Baver, nel comune di Godega S. U. (TV), un luogo di notevole interesse storico-paesaggistico, un prezioso bene culturale di natura etnoantropologica, tutelato dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso. Nel vigneto, le viti sono maritate agli alberi di acero campestre, di salice e di gelso; le foglie di questi ultimi vengono utilizzate come prezioso e unico alimento per il baco da seta.
Il gelso bianco (Morus alba), è una pianta rustica e longeva originaria della Cina che ha caratterizzato a lungo il paesaggio della Pianura Veneta. I gelsi venivano piantati, disposti in filari, lungo le strade, lungo le rive dei fossati e dei viottoli, sul perimetro dei campi per delimitare le proprietà. Con il declino della gelsibachicoltura ed il passaggio all’agricoltura intensiva meccanizzata sono notevolmente calati di numero, con conseguente banalizzazione del paesaggio rurale. Negli ultimi anni è stato riconosciuto il loro valore storico e paesaggistico e di tutela della biodiversità.
Inoltre i frutti del gelso - soprattutto nella loro variante nera - sono utili per rinforzare il nostro organismo per le loro proprietà toniche, rinfrescanti e depurative. I frutti maturi, ricchi di sostanze antiossidanti, possono essere utilizzati in cucina al naturale o per la preparazione di sciroppi e marmellate.
Anche le foglie e i germogli, grazie alle proprietà antiossidanti e all’apporto di amminoacidi essenziali, possono essere utilizzati - oltre che per l’allevamento del baco da seta – anche in campo zootecnico e per l’alimentazione umana[4].
Le piante sono l’essenza della natura ed i gelsi[5], al pari degli altri alberi, sono in grado di offrire importanti servizi ecosistemici: raffreddano l’ambiente, sequestrano l’anidride carbonica, assorbono le polveri sottili e proteggono la struttura del suolo riducendo i rischi idrogeologici.
Questa storia è il racconto di una piccola realtà agricola che lavora rispettando la fertilità del suolo, cura l’ambiente e la biodiversità. Un quotidiano e costante rapporto con la terra che rivaluta saperi tradizionali ed esperienze di generazioni di contadini; non il ritorno ad un passato nostalgico, ma la capacità di progettare il lavoro agricolo sapendo interpretare e capire i ritmi della natura senza sfruttarla.
Salvare il suolo ed evitare di impoverire ulteriormente l’ambiente e le componenti che lo caratterizzano, ci impone la riprogettazione del futuro. L’agricoltura che si basa sui principi dell’agroecologia[6] può essere la risposta al modello industriale di produzione del cibo che “contribuisce ad almeno un quarto dei gas serra emessi in atmosfera[7]” attraverso la dipendenza da prodotti chimici di sintesi, la monocoltura e la meccanizzazione sempre più aggressiva.
Ringrazio Augusto e Marco Fabris e il loro amico e vicino Giorgio Marchesin, per le preziose informazioni che mi hanno dato, raccontandomi come un tempo le famiglie contadine vivevano la breve ma intensa esperienza dell’allevamento dei “cavalier”.
Antonella Pianca
Fotografie di Antonella Pianca e Giovanni Damian ©2024
Note:
[1] La seta è una fibra naturale pregiata, conosciuta sin dall’antichità per le sue qualità. Simbolo di raffinatezza ed eleganza, viene utilizzata per produzioni di pregio che spaziano dall’artigianato tessile, alla gioielleria, ma viene impiegata anche in altri ambiti, come ad esempio quello medico, farmacologico e cosmetico. La proteina della seta, la sericina, ha proprietà emollienti ed idratanti sulla pelle rendendola liscia e setosa e le sue proprietà lenitive sono utili anche nella cura alle ustioni. (La filiera produttiva ed il mercato dei prodotti della bachicoltura - Silvia Cappellozza - CREA - Veneto Agricoltura)
[2] Le foglie non devono essere contaminate da prodotti antiparassitari. Il baco - come scrivono i ricercatori del Crea - viene considerato biosensore degli inquinamenti, in quanto è un rilevatore dell’inquinamento ambientale e non può crescere in una coltivazione contaminata. (Crea Futuro – S. Cappellozza, A. Saviane - marzo 2022)
[3] Per un intero ciclo [di vita] sono necessari fino a 300-400 kg. di foglie fresche di gelso a telaino (L’Informatore Agrario-Economia - Allevamento del baco da seta opportunità e produzioni - S. Trestini, S. Cappellozza, C. Pennone, A. Saviane)
[4] Giulia Lorenzon, Valutazione di varietà di gelso (Morus spp.) coltivate in diverse condizioni per un rilancio delle filiere, Tesi di Laurea in Scienze Agrarie e Alimentari - Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano, UniMilano, AA 2017/2018
[5] Esistono differenti varietà di gelso; quelle principalmente diffuse sono: il gelso bianco (Morus alba), il gelso nero (Morus nigra) e il gelso rosso (Morus rubra)
[6] L’agroecologia non è un concetto da considerare moderno, è radicato nel tempo. I suoi principi sono stati ispiratori dell’evoluzione contadina in molte parti del mondo, anche tra i popoli indigeni che, più di altri, hanno affrontato la necessità di provvedere alla produzione agricola con la consapevolezza che qualsiasi influenza negativa sull’ambiente avrebbe potuto causare una riduzione della sicurezza alimentare per il futuro. (Francesco Sottile in Biodinamica Stregoneria o Agroecologia, a cura di Stefano Masini, Slow Food Editore, Brà -CN-, 2022)
[7] Francesco Sottile, da Green&Blu del 04/04/2023, ripreso e citato su www.slowfood.it in “Agroecologia: la via sostenibile per salvaguardare la terra” del 11/04/2023
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